
"Epepe" di Ferenc Karinthy è un romanzo inquietante e surreale che cattura il lettore fin dalle prime pagine. La storia segue Budai, un linguista che si ritrova inspiegabilmente in una città sconosciuta, popolata da persone che parlano una lingua incomprensibile. L'autore crea un'atmosfera claustrofobica e angosciante, descrivendo con maestria la progressiva alienazione e impotenza del protagonista.
La città, con i suoi edifici labirintici e la folla opprimente, diventa un simbolo di incomunicabilità e smarrimento. La tensione cresce mentre Budai cerca invano di stabilire un contatto con gli abitanti, rendendo il lettore partecipe della sua frustrazione. Nonostante la trama apparentemente semplice, il romanzo si presta a molteplici interpretazioni, esplorando temi universali come l'isolamento, il senso di appartenenza e l'assurdità dell'esistenza.
Lo stile di Karinthy è asciutto ma evocativo, capace di trasmettere un senso di inquietudine costante. "Epepe" non offre risposte né soluzioni, ma lascia al lettore il compito di riflettere sulla condizione umana e sul significato della comunicazione. È un'opera che colpisce e lascia un segno profondo, una lettura indispensabile per chi ama i romanzi che sfidano le convenzioni e spingono a interrogarsi.
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