
Yukio Mishima, con La scuola della carne, ci regala un romanzo intenso e raffinato, che esplora le complessità del desiderio, della solitudine e del potere nelle relazioni umane. Ambientato in una Tokyo moderna e decadente, il libro segue la storia di Taeko, una donna indipendente e sofisticata, divisa tra il suo mondo borghese e il legame con Senkichi, un giovane e affascinante gigolò. La relazione tra i due, oscillante tra attrazione e disillusione, diventa il fulcro di un’esplorazione dei confini tra amore, controllo e vulnerabilità.
La scrittura di Mishima è elegante e sensuale, capace di cogliere con precisione i dettagli emotivi e psicologici dei suoi personaggi. Le descrizioni degli ambienti – dai bar fumosi ai raffinati interni della Tokyo benestante – creano un’atmosfera rarefatta e carica di tensione, che riflette il conflitto interno di Taeko. Il romanzo scava con lucidità nei desideri repressi, nelle convenzioni sociali e nella difficoltà di mantenere una connessione autentica in un mondo dominato dall’apparenza e dai giochi di potere.
La forza di questo libro risiede nella sua capacità di combinare introspezione e critica sociale, offrendo uno sguardo affilato sulle dinamiche di genere e sull’eros come forza ambivalente, capace di unire e distruggere. Mishima costruisce una storia che lascia un senso di inquietudine e, allo stesso tempo, una struggente malinconia. È un romanzo che interroga, più che rispondere, e che invita a riflettere sulle maschere che indossiamo nel tentativo di conciliare ciò che desideriamo con ciò che la società ci impone.
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